Di CARLA IALENTI
URBINO – Tenta di rubare la spesa, e scappa; un carabiniere non in servizio cerca di bloccarlo, invano; mette in moto l’auto, poi una pattuglia lo insegue e lo blocca: fine della corsa. È quanto accaduto il 9 marzo scorso, a Urbania, quando E. N., italiano, 47 anni, rubò 460 euro di prodotti in un supermercato di Urbania. L’imputato, presente in aula al tribunale di Urbino, accusato di furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, è stato condannato a sei mesi e al pagamento di una multa di 300 euro.
La vicenda
È il 9 marzo 2024, quando E.N. va al supermercato Coal di Urbania. Ruba dei prodotti per un valore di 460 euro, e tenta di scappare a bordo della sua auto. Ma nel negozio c’è anche un carabiniere, Sperandei, che non è in servizio. L’uomo esce da una porta secondaria, passando per il magazzino fino a raggiungere la vettura. Il militare, che assiste alla scena, si accorge del furto e non esita a intervenire. Rincorre l’auto, picchia con le mani sul vetro e gli ordina di scendere. Ma l’uomo mette in moto e parte. Così il carabiniere avverte i colleghi. Dopo circa venti minuti l’uomo viene fermato da una pattuglia dei Carabinieri di Urbino, confessa e restituisce la refurtiva.
Il dibattimento
Nell’udienza di oggi pomeriggio, la pubblico ministero Enrica Pederzoli ha chiesto per l’imputato E.N. la condanna a due di reclusione e una multa. “La misura cautelare non ha impedito all’imputato di commettere un’ulteriore azione criminosa a luglio”, dice. La giudice Benedetta Scarcella l’11 marzo aveva convalidato, infatti, la misura cautelare con obbligo di firma quotidiana presso un ufficio di polizia giudiziaria. “Quest’ultimo furto, che non riguarda questa udienza, consente di dire che l’imputato continua a compiere azioni criminose con le stesse modalità. Secondo il perito non c’è alcuna patologia psichiatrica”, conclude.
L’avvocato della difesa Francesca Fedeli ha ricostruito il profilo del suo assistito. Un uomo cresciuto in una famiglia benestante, che poi si è impoverito in seguito a problemi familiari. Quando il padre si trova ad affrontare grossi problemi, lui comincia a manifestare un comportamento violento: “Commette dei reati” come “il danneggiamento di un’auto”. Secondo la difesa, i furti commessi sarebbero spinti da “un impulso irrefrenabile”.
L’uomo nella prima udienza, aveva giustificato il furto, dicendo di soffrire di disturbi psicologici. “Sento come una rabbia interiore. Non so neanche cosa ho rubato, so solo che una voce dentro di me mi diceva di farlo. Non so se possa essere definita cleptomania, ma è uno stato psicologico forte”. La difesa rinforza la tesi, aggiungendo che quella voce interiore “non dà pace all’uomo fino a quando non commette il furto. Uno psicologo non è più sufficiente, probabilmente serve uno psichiatra”, ribadisce Fedeli.
E sull’accusa di resistenza al pubblico ufficiale la difesa contesta la tesi di alcuni testi, ascoltati nelle precedenti udienze, negando che il militare, non in servizio, si sia identificato come tale. “Appena ha visto la volante dei Carabinieri si è fatto ammanettare”, dice. “Massima collaborazione” con l’arma. Chiede perciò di non accusare il suo assistito per resistenza a pubblico ufficiale, oltre a tutte le attenuanti generiche e il minimo della pena.
La sentenza
La giudice Benedetta Scarcella condanna a 6 mesi di reclusione e 300 euro di multa l’imputato E. N. Il 13 febbraio alle 14 verranno stabilite le pene sostitutive.