Paolo Castellani, simbolo della nuova palestra di roccia: ha aperto la prima via sul Catria e scalato fino a 83 anni

di MARIA SELENE CLEMENTE

URBINO – Sferzava un vento fortissimo, talmente forte da scoperchiargli i caschi dell’Enel che usavano un po’ come protezione per la testa e un po’ per ripararsi dal freddo. L’attrezzatura non era quella di oggi. Era il novembre del 1963 e Paolo Castellani, che scalava insieme ad altri due compagni, piantò l’ultimo chiodo sulla parete del Monte Catria alle 4 del pomeriggio. Quasi al buio, aprì la prima via su roccia e inaugurò la stagione di arrampicata del Montefeltro.

La sua esperienza sarà un punto di riferimento per il nuovo progetto del Cai che il 21 dicembre inaugurerà una palestra di arrampicata boulder indoor a Urbino, nella sezione Montefeltro in località Trasanni.

La via della Cornacchia

“Tornammo giù a corda doppia” racconta oggi ricordando quell’avventura. “Facemmo il sentiero di rientro alla macchina al buio. Non c’erano le torce frontali. Prendemmo così tante frustate di rami in faccia da non capirci nulla e facemmo anche tanti scivoloni. Il vento portava via. Eravamo intirizziti dal freddo. A casa facemmo ritorno verso le nove. Eravamo usciti alle 5 della mattina e i telefonini non c’erano quindi i nostri familiari erano in pensiero che ci fosse accaduto qualcosa. Ma noi eravamo così felici. La nostra prima grande vittoria era stata raggiunta”. La chiamarono “Via della Cornacchia” perchè quel giorno sul Corno del Catria le cornacchie gli avevano gridato intorno tutto il tempo.

Paolo Castellani, 86 anni.

Iniziarono a lavorare in estate per aprire la prima via, ma ci vollero molti mesi perché a Urbino non si trovavano i materiali. All’epoca Castellani studiava a Roma. A ogni viaggio di rientro portava con sé quello che poteva permettersi di comprare: qualche chiodo, pezzi di cordini, corde e moschettoni. Tutto un po’ alla volta. “Qui non si trovavano neppure gli scarponi allora li portai io da Roma per i miei compagni. Si scalava con quelli da montagna, non come oggi con quelle ‘cose’ leggerissime”. 

Ripercorrendo i suoi ricordi, mostra alcune foto. C’è spesso la neve. “La montagna è cambiata. A Sasso Simone la vegetazione era bassa, c’era il bestiame al pascolo. Era bellissimo vedere i cavalli liberi. E le bufere di neve. Quelle mettevano paura sui nostri monti. Ma sapevamo quando fermarci. ‘La vetta è là e non fugge. Se non arriviamo oggi, riproveremo domani’ dicevamo”. A voler dire che la montagna insegna la pazienza, oltre che l’umiltà. Per Castellani è stata spesso un mezzo per sfidare sé stesso: aiuta a capire quali sono i propri limiti, quando possiamo superarli e quando fermarsi. La montagna è per chi osserva e per chi è curioso. “Guarda l’erba”, dice indicando altre foto: “Qui è azzurra. Qui è rossa. A saper guardare si scopre tanto”.

Una palestra di arrampicata a Urbino

Per lui il passaggio dall’escursionismo all’arrampicata è stato istintivo. “Abbiamo imparato studiando le tecniche dei grandi, come Walter Bonatti. Poi le mettevamo in pratica. Si fa come fanno gli acrobati che partono da dieci centimetri per poi salire e salire”.

Si fa come fanno gli acrobati che partono da dieci centimetri per poi salire in alto

Sede del Cai Montefeltro, Urbino, località Trasanni

Per questo Castellani apprezza l’iniziativa del Cai Montefeltro che sabato 21 dicembre inaugurerà, nella sua sede di Urbino (località Trasanni) una palestra di boulder indoor, per imparare ad arrampicare in esterno su roccia.

“Prima di tutto significa stare insieme” dice Castellani. “È socializzazione. Quando andavamo in palestra al Furlo, anche se non arrampicavamo parlavamo con chi c’era. Mangiavamo un panino, facevamo una risata. Finivamo per conoscerci, diventare amici”.

La palestra però vuole essere solo un tramite verso l’esterno. Serve a esercitarsi, imparare e prendere confidenza con l’attrezzatura. “Ma il bello arriva fuori” dice Castellani. “Sulla roccia vera non ci sono indicazioni, ci vuole concentrazione e soprattutto responsabilità e lavoro di squadra”. Lui la sua ultima scalata l’ha fatta tre anni fa. Aveva 83 anni. Il momento più bello, ricorda, è sempre quello di quando arriva in cima: la schiena appoggiata alla parete calda, le gambe libere penzoloni e, con il compagno di scalata, mangiare un panino con “vista tutto”. È questa la sua arte della montagna.

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